Eugenio Rocca (1842-1920)

 

Fu protagonista della vita amministrativa, sociale e culturale di Cocconato fra il 1880 e il 1920, in decenni segnati da profonde trasformazioni. Dopo una breve carriera militare, col grado di sergente d’artiglieria, si impiegò presso l’Opera Pia San Paolo a Torino.

 

Dal 1887 fu consigliere comunale e quindi sindaco di Cocconato dal 1910 al 1914. Nel 1913 venne insignito del titolo di cavaliere della Corona d’Italia. Pur lavorando a Torino fu molto attivo nel suo paese. Come pubblico amministratore, dimostrò molta lungimiranza. Si impegnò fortemente per la viabilità e la ferrovia Asti-Chivasso, per la costruzione di opere pubbliche fondamentali per il paese, per l’apertura dell’asilo infantile e dell’ospedale mandamentale.

 

La fama di Eugenio Rocca è legata soprattutto alla pubblicazione della storia di Cocconato, uscita nel 1890 e ripubblicata, in edizioni ampliate, nel 1892 e nel 1912. Ancor oggi è un importante punto di riferimento per gli studiosi di storia locale. A Eugenio Rocca è intitolata la Biblioteca Civica.

 

 

Argomenti:
Arte e cultura

Pietro Toso (1847-1933)

Laureatosi in ingegneria civile nel 1870, entrò nel Corpo reale delle Miniere, recandosi per tre anni all’Ecole des Mines di Liegi, per perfezionarsi nell’arte mineraria.


Ritornato in Italia, lavorò come ingegnere capo ai distretti minerari d’Iglesias, Caltanissetta, Vicenza e Firenze; fu anche direttore delle locali scuole minerarie. Studiò i giacimenti solforiferi e lo sfruttamento dei combustibili fossili, in particolare delle ligniti.


Per il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio svolse uno studio in Germania e Olanda, finalizzato alla creazione di un’industria della fecola in Italia. Fu autore di numerose pubblicazioni, dense di osservazioni acute e di notizie preziose e originali.

Aldo Massaglia (1876-1926)

Anche se nella medicina ufficiale l’invenzione dell’insulina è attribuita agli americani Frederick Banting e Charles Best, in realtà il primo a individuare una valida terapia a base di estratti del pancreas per combattere il diabete mellito fu l’illustre medico Aldo Massaglia.


Nato nel 1876 a Montesarchio, vicino a Benevento, dai cocconatesi Emilio Massaglia, ricevitore del Registro, e Enrichetta Valle, conseguì nel 1901 la laurea in Medicina. Fu quindi assistente dei professori Silva e Perroncito.


Nel 1905 si trasferì a Parigi, approfondendo presso l’istituto Pasteur gli studi istologici sul tripanosoma, parassita all’epoca assai frequente nei paesi caldi. Nel 1906 rifiutò il posto di direttore dell’Ospedale di Novara per continuare gli studi di batteriologia e istologia; fu assistente del prof. Vassale a Modena e nel 1909 ottenne la libera docenza in patologia generale. L’anno dopo si recò nell’Italia meridionale per combattere il colera e per i meriti acquisiti gli fu conferita una medaglia d’argento.

Nel 1912 prestò la sua opera in Libia, come direttore dell’Ospedale di guerra della Croce Rossa. 


Successivamente compì importanti studi sull’ittero infettivo, malattia diffusa nei paesi tropicali, e sul diabete mellito; scoprì, in particolare, che questa malattia era attribuibile a una lesione delle isole di Langerhans nel pancreas e individuò una efficace terapia a base di estratti di quest’organo; per questi studi ottenne prestigiosi riconoscimenti in Francia e negli Stati Uniti.


Durante la Grande Guerra, il Massaglia, fu direttore, col grado di tenente colonnello, dell’ospedale da campo della Terza Armata e comandante della 16ª sessione di Sanità della Fanteria. Nella tragica ritirata di Caporetto fu in prima linea nell’organizzare i soccorsi ai feriti, meritando una medaglia d’argento al valor militare. Terminato il conflitto, il prof. Massaglia riprese i suoi studi negli Stati Uniti, vincendo nel 1921 la cattedra di Patologia e Batteriologia all’università del North Dakota e due anno dopo all’università del Mississipi.


Dopo aver trascorso una breve vacanza a Cocconato, nell’agosto 1926 mentre stava tornando negli Stati Uniti, durante la navigazione sul piroscafo “Provvidenza” decedeva, lasciando la giovane moglie e un figlio in tenera età.

Enrico Giachino (1886-1969)

Giovanissimo, frequentò l’Accademia Albertina di Torino, ricevendo numerosi riconoscimenti per le sue doti artistiche.


Allievo di Giacomo Grosso, la sua produzione pittorica comprende opere di vario genere, dai ritratti, alle nature morte, dai paesaggi alle tematiche religiose, come il dipinto raffigurante le stimmate di san Francesco, del 1926, conservato nella chiesa parrocchiale di Cocconato.


Interessante anche una consistente serie di disegni, realizzati con varie tecniche, che denotano attenzione per la figura e il costume.

Giovanni Conrotto (1894-1970)

Fin da ragazzo dimostrò le sue non comune doti col "tambass". La sua iscrizione al torneo di Montechiaro del 1919 determinò la rinuncia di gran parte delle squadre. Tanta era la sua supremazia che alcuni organizzatori lo bandirono dalle competizioni, non mancando di pubblicizzare il fatto nelle locandine.


A Bergamo, nel 1922, in una partita di tamburello a cacce con palla piena di 50 grammi Conrotto infilò una serie ininterrotta di "intre", segnando undici giochi consecutivi senza che gli avversari avessero l'onore di passare almeno una volta alla battuta.


Da tutti riconosciuto come il giocatore più forte d'Italia, vinse il suo primo campionato italiano nel 1927, nel quartetto della Fratellanza Sestrese. Con gli stessi compagni dominò anche i due tornei successivi di prima categoria.


Nel 1931 fu secondo con l'Eda Torino, trionfò nel 1934 e nel 1935 con l'Associazione Tamburellistica di Milano, nel 1941 fu secondo col Genova. A Giovanni Conrotto è intitolato l'impianto sportivo in regione Vallone.

Annibale Radicati, Conte di Cocconato (circa 1530-1574)

Avventuriero, focoso di carattere, fu bandito dal Piemonte e trovò ospitalità in Francia alla corte della regina Caterina de’ Medici. Nelle guerre di religione della seconda metà del Cinquecento si schierò con la parte cattolica.


Beniamino della duchessa di Nevers e amante di Margherita di Valois, regina di Navarra, si fece promotore di un movimento che, alla morte del re Carlo IX, avrebbe dovuto assicurare la corona di Francia non a Enrico, re di Polonia, bensì al fratello minore il duca d’Alençon. Il complotto, messo in atto con Bonifacio de La Mole, fu svelato e, dopo un breve processo, i due vennero decapitati a Parigi, in Place de Grève.


La testa di Annibal de Coconas (così venne francesizzato il suo nome) fu fatta imbalsamare per volere dell’amante, che la conservò nel castello Le Manoir d’Auzon, vicino a Chinonais, nel nord-ovest della Francia, dove il conte visse, come ricordano ancor oggi lapidi e cippi in sua memoria. Fu immortalato da Alexandre Dumas nel romanzo ‘’La regina Margot’’ e da Stendhal nel romanzo ‘’Il rosso e il nero’’.

Gaspare Antonio Giordano (1680-1751)

Sacerdote e priore, apprezzato oratore e predicatore, di almeno quattro dei suoi numerosi discorsi rimangono copie a stampa. Nel 1713 divenne membro, con il nome Il Rinnovato, dell’Accademia degli Incolti, importante società letteraria torinese, di cui fu anche consigliere.


Fu generoso in donazioni a favore della parrocchia di Cocconato. In prossimità della morte fece dono della biblioteca personale, di oltre tremila volumi, al nuovo Seminario di Torino, costituendo in tal modo la dotazione iniziale - tutt'ora esistente - della biblioteca del Seminario. La donazione fu fatta con lo scopo esplicito di lasciare i volumi in libera lettura a chiunque lo desiderasse. Il catalogo dei libri donati, che dimostra una sorprendente apertura culturale, fu stampato nel 1757.

Alberto Radicati, Conte di Passerano e Cocconato (1698-1737)

Illustre politico, entrò giovanissimo alla corte di Vittorio Amedeo II, diventando suo consigliere per la politica ecclesiastica durante un periodo di forti tensioni fra il Re e la Santa Sede.


La sua conversione dalla fede cattolica a quella calvinista lo costrinse all’esilio a Londra nel 1726; due anni dopo fu ufficialmente bandito dagli Stati Sabaudi. Dopo una breve prigionia per una sua opera filosofica, si trasferì in Olanda, dove morì in estrema miseria.


Il Radicati fu uno dei primi esponenti dell’Illuminismo e pose al centro del suo pensiero riformatore la concezione dell’uomo come forza prima e autonoma della vita sociale.

Melchiorre Giordano (circa 1760 -1825)

Avvocato, fu protagonista, con il notaio Celestino Rosignano, della vita amministrativa di Cocconato nel difficile periodo della Rivoluzione francese, riuscendo a risolvere situazioni complesse, come le sollevazioni popolari per il pane fra il 1794 e il 1797, il ristabilimento del mercato del bestiame nel 1802 e la riapertura del Collegio.


L’avvocato Giordano cederà al Comune un suo prato per la realizzazione della piazza, che oggi è a lui intitolata, e della tettoia per il foro boario.

Angelo Bottino (1834-1866)

Nato nella frazione Tuffo, conseguì nel 1857 la laurea in Diritto civile ed ecclesiastico all’Università di Torino.


Arruolatosi a 24 anni nella Regia Accademia dell’Esercito Sardo, allo scoppio della seconda guerra di indipendenza passò nei Cacciatori delle Alpi, al servizio del generale Garibaldi, meritando una medaglia di bronzo per il coraggio dimostrato nei combattimenti di Varese e San Fermo. Terminato il conflitto, tornò all’Accademia, ottenendo il titolo di ufficiale.


Nella campagna del 1860 meritò una medaglia d’argento, per il coraggio dimostrato negli scontri di Ancona e Mola di Gaeta. Tornato alla vita civile, con l’intento di intraprendere la professione di avvocato, allo scoppio della terza guerra di indipendenza non resistette alla chiamata di Garibaldi, entrando nel Reggimento volontari garibaldini col grado di capitano. Nella battaglia di Rocca d’Alfo, contro le agguerrite truppe austriache, mentre conduceva un attacco venne ferito mortalmente. Per tale atto di eroismo gli venne assegnata la medaglia d’oro al valor militare.

Giachino Rinaldo (1899-1943)

Nato a Cocconato il 13 settembre 1899 da agiata famiglia di commercianti, compì gli studi prima nel paese natio e quindi a Pinerolo, presso il ove nel giugno 1917 si diplomò geometra Regio Istituto Tecnico Buniva di Pinerolo.


Chiamato alle armi nell’ottobre dello stesso anno, nel giugno del 1918, con la nomina a sotto tenente, fu inviato in zona di guerra. Rimarrà nell’esercito fino al marzo 1921, data della messa in congedo, meritandosi nel frattempo due croci al valor militare ed un encomio solenne.


Rientrato al paese si dedicò alla sua attività di geometra, ricoprendo anche la carica di segretario comunale a Settime e Aramengo.


Fu autore negli anni Trenta di molti progetti di opere pubbliche per conto del comune di Cocconato, fra cui la sistemazione della strada Roletto-Rocca, l’ampliamento del cimitero, l’erezione di un muro con contrafforti per il sostegno della strada di accesso all’ospedale, la sistemazione del viale dell’attuale corso Pinin Giachino, la costruzione della scuola “Ten. Giachino Carlo Bernardo” a Cocconito, la ristrutturazione del palazzo delle scuole, la realizzazione di una nuova manica dell’ospedale.


Ricoprì la carica di Presidente dell’ospedale dal 1933 al 1939 e dal 1940 al 1943.


Nel 1938 fu nominato capitano e nell’ottobre del 1939 sposò Angela Berzano di Torino. A novembre del 1940 fu richiamato alle armi e assegnato al 38° Reggimento Fanteria Ravenna.


Il 6 giugno 1942 partì per la Russia: sarà un viaggio dal quale non farà più ritorno. Dopo essere stato ferito, venne catturato dai Russi e avviato nel campo di prigionia di Oranki, dove morì nell’aprile del 1943.

Bonifacio di Cocconato (circa 1200-1277)

Prevosto di Santa Maria, venne prima nominato procuratore e poi eletto dai suoi confratelli per guidare la Chiesa locale alla morte di Uberto Catena, nel 1242.

Il suo ventennio di governo fu segnato dal tentativo di rafforzare il potere di intervento del vescovo e del suo Capitolo negli affari diocesani.


Abbandonata la guida pastorale della diocesi, nel 1260, Bonifacio mantenne ancora per qualche anno la sua prevostura fino a quando si allontanò definitivamente dalla città, forse per occuparsi degli affari di famiglia, mentre altri Cocconato prendevano posto nel chiostro di Santa Maria.

Corrado di Cocconato (circa 1220-1282)

Eletto vescovo di Asti nel 1260, prosegue il controllo della Chiesa astigiana da parte dei signori di Cocconato che aveva qui avviato una vera e propria dinastia vescovile.


Le azioni del nuovo presule lo videro spesso fuori città, nel tentativo di regolarizzare e rinsaldare la posizione episcopale, a raccogliere giuramenti di fedeltà e assegnare la custodia dei beni ecclesiastici.  La Chiesa astigiana sotto Corrado fu costretta a compiere importanti e compromettenti scelte politiche. Lo scontro con Carlo d’Angiò – il maggior sostenitore d’oltralpe del papato, usurpatore dei diritti ecclesiastici e dei beni vescovili - si trasformò in pochi anni in un’alleanza anti comunale sostenuta da Roma stessa, ma dagli scarsi risultati.

Uberto di Cocconato (1221-1276)

Cappellano papale dal 1256, fu nominato nel 1262 da papa Urbano IV diacono cardinale di Sant’Eustachio.

Introdotto probabilmente a Roma da Ottone di Tonengo, fu in più occasioni delegato dalla sede pontificia per missioni in Umbria e Toscana.

Uditore delle cause per l’assegnazione di benefici, Uberto alternò i suoi compiti di giudice con quelli di diplomatico e politico in seno alla curia romana.


Il 13 dicembre del 1266 entrò in contatto con Carlo d’Angiò per trattare la restituzione delle terre strappate alla Chiesa di Asti. Nel 1274 prese contatto con il nuovo imperatore, Rodolfo d’Asburgo, per sollecitare un intervento a favore del Monferrato, come già aveva fatto con Alfonso di Castiglia.


Tra il 1274 e il 1275 Uberto soggiornò a Lione per seguire i lavori del concilio indetto da Gregorio X. Morì il 13 luglio 1276, lasciando un ingente legato per la Chiesa di Asti.

Pietro Secondo Radicati (1671-1729)

Paggio ducale, nel 1701 venne consacrato vescovo da papa Clemente XI e nello anno fece solenne ingresso in Casale Monferrato.


Grazie alla sua cultura giuridica e al suo temperamento forte, fu in grado di imporre disciplina al clero e pretendere rispetto dai signorotti della città per la vita della chiesa. I dissensi giurisdizionali con la corte sabauda porterà papa Benedetto XIII a trasferire, nel 1727, il prelato a Osimo, nel Piceno.

Gian Francesco Galeani Napione, Conte di Cocconato (1748-1830)

Alto funzionario alla corte sabauda e valente studioso in ambito storico e letterario, Gian Francesco Galeani Napione forse non vide mai Cocconato, ma ne portava con orgoglio il titolo di conte.


La giurisdizione di una parte del feudo dei Radicati era stata acquistata da suo nonno Giambattista nel 1695. Nato a Torino il 1° novembre 1748, figlio di Valeriano e di Maddalena De Maistre, fin da giovanissimo Gian Francesco Galeani Napione manifestò un forte interesse per la storia e la letteratura, ma il padre scelse di avviarlo agli studi giuridici. Rimasto orfano del genitore nel 1768, per necessità economiche dovette cercare un impiego e nel 1776 entrò nell’amministrazione delle Finanze, diventando tre anni dopo intendente.



Nel 1780 per incarico del governo scrisse le Osservazioni intorno al progetto di pace tra S.M. e le potenze barbaresche, dove proponeva la formazione di una confederazione tra gli stati marittimi italiani avente a capo il pontefice.

Molte altre sono le memorie, solo in parte edite, che il Galeani scrisse fra 1775 e 1827, su questioni economico-finanziare. Parallelamente, si interessò anche di storia locale, stendendo le biografie di piemontesi illustri; in due dissertazioni del 1805 e del 1823 cercò di dimostrare l’origine monferrina di Cristoforo Colombo.



Nel 1782 il Galeani divenne intendente a Susa e tre anni dopo a Saluzzo; nel 1787 Vittorio Amedeo III lo nominò sovrintendente alla perequazione e al censimento nel Monferrato, nel 1790 membro della giunta per l’amministrazione dei comuni, nel 1796 consigliere di Stato addetto agli archivi di corte. Intanto nel 1786 aveva spostato Luigia Crotti di Costigliole, che morirà due anni dopo dando alla luce la figlia Luigia.



Nel 1791 diede alle stampe la sua opera più famosa, Dell’uso e dei pregi della lingua italiana, che verrà ripubblicata in versione definita nel 1813. Nel 1792 sposò in seconde nozze Barbara Lodi di Capriglio, dalla quale avrà un figlio (Valeriano, morto in tenera età) e quattro figlie (Carolina, Marianna, Giacinta e Maria Teresa).



Nel 1797 venne nominato generale delle Finanze, carica da cui si dimetterà dopo pochi mesi, per evitare di firmare un editto che riteneva dannoso per il paese. Nello stesso anno, su richiesta dell’ambasciatore a Parigi Prospero Balbo, scrisse Del nuovo stabilimento delle repubbliche lombarde, in cui cerca di convincere il governo francese a non creare la Repubblica cisalpina.



Fedele ai Savoia, dopo l’occupazione francese del Piemonte, si allontanò dalla vita pubblica, dedicandosi ai suoi studi su molteplici argomenti. Divenne socio dell’Accademia delle Scienze, ricoprendo la carica di presidente della classe di Scienze morali, storiche filologiche. Sotto il governo napoleonico fu prefetto di Vercelli e venne insignito della Legion d’onore.


Nel 1812 fu eletto membro della prestigiosa Accademia della Crusca. Con il ritorno dei Savoia, nel 1816 venne nominato nel Magistrato per la riforma dell’Università, facendosi promotore dell’istituzione della cattedra di Economia politica.



Nel 1818 pubblicò a Pisa Vite ed elogi di illustri italiani, in tre tomi, ponderosa opera contenente le biografie di moltissimi personaggi, in parte già edite in precedenza.

Dottissimo, continuò fino alla morte, avvenuta a Torino nel 1830, a scrivere di svariati argomenti.

Giovanni Bosso (1883-1964)

Figlio di contadini, autodidatta, dalla forte personalità, fu politico, agricoltore, inventore e poeta.

Di spirito anarchico e antifascista, si impegnò per quarant’anni nell’attività politica in ambito locale. Nel 1920 venne eletto nel Consiglio provinciale di Alessandria, nella lista del partito socialista: sarà protagonista di numerosi e pungenti interventi durante le assemblee consiliari, passando nel gruppo comunista all’atto della costituzione del partito.


Ispirandosi a quanto aveva visto in America, idea una piccola ferrovia monorotaia: un modello venne esposto nel 1924 all’Esposizione annuale delle invenzioni e dei progressi industriali di Torino, organizzata dalla Lega italiana degli inventori, ottenendo una medaglia d’oro. Non riuscirà, per gli alti costi, a brevettare l’invenzione, che propose anche, senza successo, ad alcune industrie torinesi. La monorotaia non fu la sua unica invenzione: ideò anche, ad esempio, una macchina fotografica per immagini a colori.


Seppur non più giovane, fu in prima linea nella lotta partigiana, aderendo alla seconda brigata Enrico Tumino della VII Divisione Monferrato, dislocata a Cocconato.

Nell’immediato dopoguerra fu nominato presidente del Comitato comunale di assistenza postbellica e del Comitato per l’erezione di un monumento ai partigiani nel cimitero del concentrico, su un terreno concesso dal Comune.


Alle elezioni provinciali del giugno 1951 Bosso si candidò come indipendente nel collegio Cocconato-Montechiaro d’Asti, ma non venne eletto, così come nelle successive del 1956.


Nel 1952 fu tra i promotori per la ripristino del laghetto di Montecapra. Si interessò anche di viabilità, proponendo una strada diretta da Cocconato a Torino, attraverso Aramengo e Passerano.

La sua mania di grandezza lo portò anche in agricoltura a concepire e praticare coltivazioni che all’epoca apparivano fuori tempo e luogo. Impiantò un vigneto di sola uva bianca da tavola e un frutteto con centinaia di alberi di pero.


Tra le variegate attività, il Bosso si dilettava anche a scrivere poesie, che faceva stampare su fogli volanti. Una di queste si intitola Attività e delizie di Cocconato, un’altra Passeggiate romantiche.


Nel 1991 l’amministrazione comunale ha voluto intitolargli la strada che parte dal trivio con via San Carlo e via Gattone e termina al bricco Gattone, strada che attraversa i luoghi in cui egli possedeva i propri beni.

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